sunnudagur, 27. september 2009

«fuori tutti!»

("ti aggrapperesti perfino alla terra pur di non cadere ")






d’autunno, i pomeriggi odor di brace seduti a tavola nei gusci di castagne ad articolare sbadigli con le smanie frustrate nel domenicale viversi addosso, in frantumi pezzo dopo pezzo nello sperperio dell’orologio.

dal treno guardi gli alberi correre verso la casa che hai lasciato, con solo i nervi striduli di caffè e la preghiera vana che la sera non si vesta di luci da dopo-messa


stringevi sempre i denti nascosto in qualche rudere giù nei campi della vallata, tra le pareti sconce e la fuligine torva - il respiro tremante per la depravazione del luogo e delle anime dei braccianti morti -, aspettando che si esaurisse il tramonto e il sonno di tua madre. e che lei gridasse il tuo nome lontano per venire a riprenderti.

[da sempre ho pregato di incontrati nelle ore in cui io non basto a vivere]


all’albero, ti richiudi a guardarla e non la perdi di vista, con le gengive a riposo e le costole slacciate: «fuori tutti! fuori tutti!».


io sono una bugia che dura mezza giornata.